Come nasce una razza?

Scrivo questo pezzo per cercare di spiegare in maniera semplice come nascono le razze (di gatti, in particolare) perché trovo che attorno a questo tema ci sia molta confusione, dovuta più che altro ad una mancata conoscenza di certi meccanismi, non tutti necessariamente legati alla genetica.

La selezione naturale vs artificiale

Le razze feline odierne sono il risultato di un processo di selezione artificiale. Gli animali che vivono in libertà si riproducono scegliendo autonomamente il proprio partner sulla base di rituali, di stagionalità, geolocazione e di meccanismi (sia genetici che fisiologici) consolidati in milioni di anni di evoluzione, ciascuno per la propria specie, secondo un processo chiamato selezione naturale. La selezione naturale è il "motore" che ha consentito a tutte le specie, inclusa la nostra, di evolversi secondo criteri di fitness, cioè puntando a massimizzare la sopravvivenza degli individui. Questo è successo anche ai gatti, la cui riproduzione - almeno fino ad un trentennio fa - è stata sempre poco controllata dall'uomo, malgrado si trattasse di un animale "domestico".
Esistono studi sui mammiferi molto interessanti in cui è stato dimostrato che le scelte del/della partner non sono affatto casuali ma tendono a favorire quegli individui in grado di massimizzare, geneticamente, la miglior salute della prole in termini di robustezza del sistema immunitario.
Quando si dice "questione di chimica", non si sta esprimendo solo un luogo comune, dunque. Questo spiega perché anche tra gli animali non umani esista il corteggiamento: non è sufficiente che maschio e femmina si incontrino perché i due decidano di accoppiarsi, secondo il vecchio ritornello del agiscono per istinto. Ogni individuo deve essere desiderabile e convincere l'altro/a di essere un partner su cui investire, attraverso posture, esibizione di colori sgargianti, offerte di nidi, danze e mille altre strategie. E l'altro/a può comunque rifiutarlo/a. Nella selezione naturale, quello che viene preservato è la tensione alla sopravvivenza e alla salute.

Nella selezione artificiale, al contrario, è l'uomo a decidere con chi potrà accoppiarsi ogni soggetto di una popolazione, quando, per quanto tempo e per quante volte nell'arco della vita.
In pratica, l'uomo taglia fuori i millenari meccanismi della selezione naturale per sostituirsi come decisore unico.
Da alcuni anni a questa parte, inoltre, anche nel gatto la copulazione può essere sostituita da interventi di inseminazione artificiale per cui i gatti non devono nemmeno più necessariamente incontrarsi. Sebbene la tecnica non sia molto diffusa, la scienza lavora per semplificarla e renderla accessibile e questo significa che i gatti stanno perdendo anche la possibilità di *rifiutarsi* a vicenda seguendo ritmi biologici millenari, cosa che può accadere quando si lascia gestire almeno il coito a loro. Le implicazioni fisiche e comportamentali di tutto questo sono enormi ma non le approfondirò per non uscire dal seminato.

Origine di una razza

Le razze, dunque, esistono perché esiste la selezione artificiale, ovvero un processo in cui è l'uomo che decide chi si deve accoppiare, con chi e se la prole verrà sterilizzata (già a poche settimane di vita) o se potrà procreare all'interno del circuito selettivo, quindi sempre su controllo umano.
Come si avvia questo processo? Come accade che, da un giorno all'altro, la razza X non esiste e poi la si inizia a selezionare?

A far partire il processo è sempre l'uomo. L'iniziativa può partire in diversi modi: la via più percorsa in passato ha visto sempre qualcuno imbattersi in un gatto domestico o in una comunità di gatti domestici (per esempio, i residenti di una particolare area geografica) contraddistinti da una certa caratteristica considerata curiosa e/o esteticamente attraente. A giustificare l'avvio di una selezione, di volta in volta, può essere la comparsa di una mutazione spontanea insolita (come nel caso del gatto nudo o Sphynx), qualche particolarità fisica (ad esempio l'aspetto imponente di un nordico come il Maine Coon) o un attaccamento di tipo culturale (com'è stato per il simbolismo aristocratico del gatto Persiano).

Deciso che tale caratteristica è "desiderabile" abbastanza da farne il tratto distintivo di una razza, questo "gatto 0", detto fondatore, viene fatto riprodurre sotto controllo umano. Se i fondatori sono più d'uno (come nel caso dei cinque Maine Coon all'origine della razza), i gatti verranno fatti riprodurre solo tra di loro. I figli che meglio sviluppano il tratto voluto vengono poi accoppiati fra loro e/o con i genitori in modo da fissarlo, ovvero mantenendo alta la frequenza della mutazione e rendendo il tratto più stabilmente trasmissibile a livello genetico.
La razza in nuce è popolata ora dal fondatore (o dai fondatori), dai figli e dai nipoti. Gli individui di seconda generazione, ovvero i nipoti, verranno fatti riprodurre ancora una volta con soggetti scelti dall'uomo (la macchina della produzione artificiale si è già avviata) che potranno essere i parenti oppure gatti simili, anche a seconda di come i soggetti rispondono in termini di salute. Già, perché se, da una parte, un accoppiamento tra consanguinei consente di stabilizzare i tratti interessanti, dall'altra indebolisce la salute complessiva degli animali di quella popolazione (si parla di depressione endogamica), per cui i selezionatori devono regolarmente destreggiarsi tra robustezza in termini di salute e obiettivi estetici.

Dunque, a partire dal fondatore, fino a quando non verrà raggiunto un numero considerevole di esemplari (tutti imparentati in qualche misura), i gatti verranno fatti accoppiare o in stretta consanguineità (cioè tra parenti prossimi) o "in outcross", cioè con gatti che non appartengono a quella popolazione ma sono accomunabili al fondatore per provenienza geografica o aspetto estetico.
In questa fase preliminare, i nuovi nati saranno comunque ancora da considerarsi dei meticci domestici e lo saranno fino a quando, attraverso una fase burocratica successiva, una qualche associazione di allevatori non decreterà ufficialmente il riconoscimento della razza.

Riconoscimento di una razza

Dopo diverse generazioni, chi ha scelto di selezionare questi gatti può rivolgersi a qualche associazione di allevatori per il riconoscimento della razza. Cosa significa? Significa veder riconosciuto uno standard di riferimento, cioè un elenco di caratteristiche estetiche che gli individui di quella razza devono esibire e che si sono andate assestando con il processo che vi ho spiegato nel paragrafo precedente.

Riconoscimento significa non solo poter chiamare i nuovi nati "gatti di razza X" ma anche avere l'accesso alla carriera espositiva che premierà i soggetti più aderenti allo standard dettato, la possibilità di iscrivere i gatti nei registri ufficiali e, in definitiva, poter ottenere da queste associazioni l'emissione dei pedegree per i futuri cuccioli. I pedegree altro non sono che dei documenti ufficiali in cui si attesta l'appartenenza del gatto alla razza (vi sono elencati i nomi e i riferimenti dei genitori, dei nonni, dei trisavoli, i colori del mantello, ecc.). Da lì in poi la razza esiste ufficialmente e può gareggiare con le altre nelle esposizioni feline.

Ad oggi, in Italia, solo il gatto munito di suo personale pedegree può essere ceduto come "di razza". Senza certificato è legalmente affine ad un meticcio, per quanto voi possiate spergiurare di averlo visto nascere da genitori certificati. Capirete, dunque, che il riconoscimento della razza ha anche dei risvolti rispetto al valore economico dei gatti, alto quanto più il gatto è competitivo nelle gare di bellezza.
Come nasce dunque una razza di gatto domestico? Una razza nasce per iniziativa umana nel momento in cui qualcuno, spesso per pura casualità, decide di creare una sotto-popolazione di gatto domestico, isolandola, e scegliendo gli accoppiamenti con l'obiettivo di fissare uno o più tratti somatici. E' dunque un processo di selezione artificiale che crea una popolazione di gatti domestici separata da tutti gli altri, in cui le scelte riproduttive (e in una certa misura evolutive) sono decretate dall'uomo.
Si potrebbe dire che i gatti di razza appartengano ad una sorta di circuito chiuso e la loro nascita è nelle mani esclusive dell'uomo che, di solito, li destina ad una vita indoor. E dal momento che, spesso, esiste un rigido controllo da parte degli allevatori anche sulla possibilità di far riprodurre i cuccioli venduti e che i riproduttori non vengono certo lasciati in giro a vagare, a meno che non si tratti dell'abbandono di un adulto, è assai improbabile imbattersi per strada in uno di loro oppure in un incrocio.

Le razze odierne e la moda degli ibridi

Le razze feline sono peraltro molto recenti. Quelle selezionate in maniera ufficiale da più tempo - benché la loro esistenza "meticcia" possa risalire anche a centinaia di anni prima -, come Persiano, Abissino o Siamese, lo sono da circa 150 anni, meno di un battito di ciglia sul piano evolutivo.

La maggior parte è però molto più recente e risale ad anni successivi al dopoguerra. Altre sono poi recentissime (anni 2000) e sono nate dal capriccio umano di selezionare un aspetto più "wild", per ottenere il quale il gatto domestico è stato incrociato con piccoli felidi selvatici come il servalo (da cui origina la razza Savannah) e il gatto leopardo del sud-est asiatico (da cui origina la razza Bengal).

La lista di "ibridi", ovvero di razze ottenute incrociando il domestico con un selvatico è purtroppo destinata ad allungarsi perché, incurante delle problematiche - dalla depressione esogamica alla difficoltà di gestione - che questi incroci possono generare, l'uomo trova il fascino della "belva" domata veramente irresistibile. Del resto, da che mondo è mondo, ha sempre ridotto in cattività i felidi selvatici, grandi e piccoli, per puro piacere estetico e per esibirli come blasoni o simbolo di forza dominatrice.

Da 150 anni a questa parte, a tutto ciò si è aggiunto anche il valore monetario.

I lati oscuri della selezione artificiale

Le cose vanno sempre bene? Naturalmente no. Ci sono razze tutt'oggi molto osteggiate perché, magari, si basano sulla fissazione di mutazioni genetiche che conferiscono sì un tratto distintivo (come le orecchie piegate dello Scottish Fold o l'assenza di coda del Manx) ma rappresentano anche la causa di gravi, anche letali, patologìe di natura organica.
Ma le cose non vanno meglio per le altre razze giacché:
  • alcune si basano su mutazioni che rendono gli animali dipendenti dalle cure umane (come il pelo extra-lungo dei Persiani che richiede una gestione quotidiana), oppure
  • alcune si basano su mutazioni che in natura si estinguerebbero spontaneamente perché poco funzionali alla sopravvivenza (come nel caso dell'assenza di pelo dello Sphynx, a rischio infezioni, scottature e tumori della pelle o il Munchkin, gatto bassotto, affetto da acondrodisplasia, una malattia dello sviluppo scheletrico), oppure
  • la salute generale della popolazione è stata compromessa dall'artificialità stessa del processo selettivo, il quale è andato a fissare, oltre a tratti morfologici, anche malattie genetiche (come la cardiomiopatia ipertrofica o la displasia dell'anca nel Maine Coon), oppure
  • la ricerca ossessiva di una caratteristica morfologica (ad esempio la testa rotonda del Persiano) è stata spinta a livelli talmente estremi da compromettere la funzionalità del cranio, ripercuotendosi sulle capacità riproduttive, respiratorie e masticatorie degli individui.
Esiste poi anche il recente fenomeno dell'incrociare due razze già consolidate per ottenerne una terza, nuova di zecca, che ingloberà le caratteristiche estetiche (ma anche i problemi di salute) dell'una e dell'altra, come il Bambino - incrocio tra Sphynx e Munchkin - o l'Elf - incrocio tra Sphynx ed American Curl -.

Nessuna razza, di fatto, è esente da problematiche sottostanti, sebbene molti allevatori (ma non tutti, purtroppo) siano sinceramente attenti a inserire nei loro programmi di selezione solo individui monitorati sul piano della salute. Questo è inevitabile perché l'evoluzione della popolazione non è affidata a meccanismi millenari della selezione naturale che valorizza ciò che è a vantaggio dei viventi, facendo estinguere i tratti disfunzionali, ma dipende dal perseguimento di obiettivi estetici, totalmente estranei alla conservazione funzionale della vita. E' per questo che negli ultimi anni si parla sempre più spesso di maltrattamento genetico per indicare tutte quelle situazioni in cui la selezione dei tratti estremi sta seriamente ripercuotendosi sul benessere, la riproduzione e la sopravvivenza degli animali coinvolti.

Il bisogno di valori etici

Esistono organismi esterni che cercano monitorare situazioni di maltrattamento genetico per evitare che la pressione selettiva si ripercuota sulla salute dei gatti (British Veterinary Association e International Cat Care in UK hanno fatto una campagna proprio su questo, qualche anno fa) ma, al momento, procede per raccomandazioni e appelli, una strategia efficace di tutela langue, sia nel cane che nel gatto. E' il mercato a farla da padrone, la ricerca del "soggetto particolare". Sembrerebbe che l'unica speranza sia quella di informare i consumatori (già il fatto di esser considerati tali la dice lunga...), di renderli consapevoli delle loro responsabilità sul mercato, incentivandoli ad orientarsi verso razze la cui selezione non comprometta la salute psico-fisica degli animali e scoraggiando la diffusione di quelle problematiche. Basterà?

Link e approfondimenti